Il potere attribuito alla camera riguarda le sole ipotesi di vizi intrinseci riferiti all’atto stesso del protesto, quali l’errore nell’indicazione del debitore, nella dichiarazione della banca circa l’esistenza di provvista, nella pubblicazione di protesto levato per tratte non accettate e simili.
L’attività della camera di commercio, per ormai costante dottrina e giurisprudenza, non può comportare l’esercizio di poteri discrezionali e l’utilizzo di mezzi istruttori riservati, dalla nostra Carta Costituzionale, alla cognizione del Giudice Ordinario. Essa ha carattere prettamente amministrativo, dovendosi limitare, in caso di istanza di cancellazione per illegittimità e/o erroneità del protesto, a quei vizi risultanti prima facie dall’esame della relativa documentazione probante l’illegittimità o l’errore, il cui onere di produzione è a carico del proponente la domanda; ove, al contrario, l’errore e/o l’illegittimità non si evincano dal titolo o dalla documentazione allegata, ovvero sia da escludere l’illegittimità o l’errore nella levata, il potere di provvedere sia alla sospensione ex art. 700 c.p.c., sia alla definitiva cancellazione del protesto levato a carico del debitore dimostratosi incolpevole spetta esclusivamente al Giudice ordinario e la Camera di commercio non è neppure parte di un siffatto giudizio (cft.- per la mancanza di legittimazione passiva Cassazione Civile, sentenza n. 17415 del 30.08.2004).
Al riguardo appare utile evidenziare che il protesto è l’atto formale, redatto da notaio od altro pubblico ufficiale, tramite in quale viene constatato il mancato pagamento del titolo di credito da parte dell’obbligato principale.
Le ragioni del rifiuto di pagamento possono essere legittime, come nel caso di assegno rubato, oppure ingiustificate come nel caso di emissione di assegno privo di provvista, ma sia nell’uno che nell’altro caso devono essere fatte constatare mediante l’atto di protesto che ha lo scopo di accertare in modo certo il mancato pagamento e sancire la fine della circolazione del titolo.
E’ del tutto pacifico in giurisprudenza che, anche in caso di assegno rubato, il protesto debba essere levato nei confronti del pur incolpevole correntista, per non pregiudicare le azioni di regresso esercitabili dal creditore verso gli altri obbligati cartolari.
Il protesto di un titolo, anche se rubato, alterato o con firma apocrifa è, dunque, per univoca e costante giurisprudenza, atto pienamente legittimo, avverso il quale non è esperibile il rimedio della cancellazione dal Registro Informatico dei Protesti per protesto illegittimo od erroneo, ex art. 2 della legge 235/2000.
Sulla base di tale premessa che trova conforto nelle norme legislative vigenti, tutta la giurisprudenza, suffragata da interventi in tal senso della Corte Costituzionale e della Suprema Corte di Cassazione, ha ormai conformemente ritenuto il protesto pienamente legittimo anche nel caso di assegni rubati e/o falsamente sottoscritti, (tra le tante, Suprema Corte di Cassazione – sentenza n. 6006 del 16.4.2003, Corte Costituzionale sentenza n. 151/1994 ed ordinanza n.112/99; Tribunale di Bologna Sez.III civile sentenza n. 4472 del 16.07.2003).
Il mancato pagamento dei titoli di credito è valutato dall’Ordinamento giuridico come fattispecie commercialmente rilevante anche in caso di smarrimento o furto, in quanto le peculiarità di circolazione degli stessi sono tali da far imporre indirettamente alla legge particolari prudenze anche circa la custodia degli effetti.
Solo al “debitore incolpevole” l’Ordinamento riconosce due strumenti di tutela che – peraltro – esulano completamente dalla competenza della camera di commercio e consistono: a) nella descrizione, sul protesto e nel registro Informatico, del motivo della levata (assegno smarrito, rubato, recante firma falsa ecc.), cosicché sia data pubblicità all’incolpevolezza del protestato; b) nel potere conferito esclusivamente al Giudice Ordinario di provvedere sia alla sospensione ex art. 700 c.p.c., sia alla definitiva cancellazione del protesto levato a carico del debitore incolpevole.
Come cancellare un protesto per erronea o illegittima levata:
- Può essere prodotta da colui che ha subito il protesto o dal pubblico ufficiale incaricato della levata o dall’azienda di credito, quando si sia proceduto illegittimamente od erroneamente;
- Deve essere in bollo, indirizzata alla camera di commercio di Catanzaro e può essere presentata personalmente o tramite un incaricato o a mezzo posta, compilandola con firma in originale e fotocopia (leggibile) di un documento di identità personale in corso di validità, con allegata ogni documentazione disponibile atta a dimostrare che il protesto è erroneo o illegittimo;
- Se la domanda è presentata da un incaricato, deve essere accompagnata dai documenti di identità sia del richiedente che dell’incaricato alla presentazione.
Spese
- marca da bollo da euro 16,00 da apporre sulla domanda;
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euro 8,00 per ogni protesto
di cui si chiede la cancellazione, riportato nella domanda, per diritti di segreteria.
Il pagamento può avvenire:
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Dal 28 febbraio 2021 i pagamenti alla Camera di Commercio potranno essere eseguiti utilizzando esclusivamente contanti, carte di credito/debito, bancomat (contestualmente al deposito della domanda di cancellazione agli sportelli) o il sistema PagoPA.
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Per i pagamenti spontanei verso la Camera di Commercio di Catanzaro, clicca QUI
Irricevibilità delle domande
La domanda è irricevibile e non dà neppure inizio alla fase istruttoria quando:
- non è firmata dal debitore o dagli altri soggetti titolati a richiederla (Ufficiale levatore o Istituto di credito);
- è presentata per protesti levati fuori provincia e/o iscritti in registri tenuti da altre camere di commercio.
Per le domande presentate allo sportello, l’irricevibilità è dichiarata immediatamente, in forma verbale dal responsabile del procedimento che la restituirà all’interessato, senza procedere a protocollazione.
Tempi di evasione
A meno che non si renda necessaria e/o opportuna, una richiesta d’integrazione documenti, in fase istruttoria, sull’istanza di cancellazione, l’ufficio provvede, con determinazione dirigenziale, entro 20 giorni dalla richiesta e dà esecuzione al provvedimento di cancellazione nei cinque giorni successivi.
In caso di rigetto dell’istanza o, decorsi i 20 giorni, di silenzio rifiuto, l’interessato può produrre ricorso al Giudice di Pace del luogo di residenza.